
Scritta da Thomas Merton in piena guerra fredda, destinata alla pubblicazione nel 1962, La pace nell'era postcristiana fu bandita da dom Gabriel Sortais, abate generale dell’ordine cistercense, e, a ben vedere, la censura si estendeva ben oltre il manoscritto. Toccava, secondo lo stesso Merton, il cuore di qualcosa che si può definire identità (e missione) della chiesa. Le sue prese di posizione sulla pace, anzi il semplice fatto che parlasse di pace, era bollato come "inopportuno", sovversivo, lontanissimo da ciò che ha da essere un monaco. Scrive a un amico che la sua difesa della pace era vista dall’abate come «un’odiosa distrazione, che distoglie la mente dal bambino Gesù nella mangiatoia. Strano a dirsi, nessuno sembra preoccupato dal fatto che la mangiatoia si trovi direttamente sotto la bomba».
La decisione rifletteva - si legge nell'epistolario - «una sbalorditiva incomprensione della gravità dell’attuale crisi dal lato religioso. Riflette un’insensibilità verso i valori cristiani ed ecclesiastici e verso il vero significato della vocazione monastica. La ragione addotta è che questo non è il tipo di lavoro adatto a un monaco e che ‘falsifica il messaggio monastico’. Pensa un po’: il pensiero che un monaco possa essere abbastanza preoccupato dalla questione della guerra nucleare da esprimere una protesta contro la corsa agli armamenti dovrebbe gettare la vita monastica nel discredito. Caspita, io penserei che potrebbe forse salvare un ultimo briciolo di reputazione per una istituzione che molti considerano morta in piedi… Questo è veramente l’aspetto più assurdo dell’intera questione, che queste persone insistono a scavarsi la fossa e a ergervi sopra la più monumentale pietra tombale».
Per Merton volgersi verso il mondo e prendere una posizione decisa contro la guerra è assolutamente necessario. Ne va del Vangelo. Trattasi quindi di dovere autenticamente monastico.
«La vitalità della chiesa dipende proprio dal rinnovamento spirituale ininterrotto, continuo e profondo. Ovviamente questo rinnovamento deve esprimersi nel contesto storico e richiederà una vera comprensione spirituale delle crisi storiche, una valutazione per quanto riguarda sia il loro significato intimo, sia la crescita umana e la promozione della verità nel mondo dell’uomo: in altre parole, l’istituzione del ‘regno di Dio’. Si suppone che il monaco sia in sintonia con la dimensione spirituale intima delle cose. Se egli non sente e non dice nulla, il rinnovamento interiore sarà complessivamente in pericolo e può essere reso completamente sterile.
Queste menti autoritarie credono tuttavia che la funzione del monaco non sia quella di vedere o sentire nessuna nuova dimensione, ma semplicemente quella di sostenere punti di vista già esistenti, proprio nella misura in cui e perché essi sono definiti per lui da qualcun altro. Anziché essere all’avanguardia, egli è dietro, con le vettovaglie, a confermare tutto ciò che è stato fatto dai funzionari, Il ruolo del monaco nel rinnovamento del contesto storico diventa allora semplicemente quello di confermare il proprio totale sostegno alla burocrazia. Egli non ha allora altra funzione, tranne forse quella di pregare per quello per cui gli è stato detto di pregare: cioè, gli scopi e gli obiettivi di una burocrazia ecclesiastica. Il monastero come concetto di ‘dinamo’ risale a questo. Il monaco esiste per generare un potere spirituale che giustificherà, di volta in volta, la già stabilita giustezza dei funzionari sopra di lui. Egli non deve assumere in nessun caso e in nessuna circostanza un ruolo che implichi qualche forma di spontaneità e originalità. Deve essere un occhio che non vede nulla, tranne ciò che è attentamente scelto che egli veda. Un orecchio che non sente nulla, tranne ciò che è vantaggioso per I dirigenti che egli senta. Sappiamo ciò che Cristo disse a proposito di simili orecchi e di simili occhi». (dall’epistolario)
Una buona parte degli amici non monaci di fra Louis, quelli di cui si fidava e a cui queste lettere erano indirizzate, non comprendevano come riuscisse a conciliare fedeltà ai propri superiori e fedeltà alla voce dello Spirito.
«Non ho nessun obbligo di formare il mio pensiero e la mia coscienza secondo le rigide direttive di dom Gabriel. Accetterò certamente e obbedirò alla sua decisione, ma mi riservo il diritto di dissentire da lui». (dai diari)
«Non posso lasciare questo luogo per protesta, perché il senso di ogni protesta dipende dal mio restare qui». (dai diari)
Il manoscritto non rimase chiuso in un cassetto, Merton lo fece circolare privatamente utilizzando ogni mezzo consentito per mandare copie del suo lavoro ad amici e a possibili sostenitori (una copia fu inviata a Ethel Kennedy, cognata del presidente).
«Il materiale ciclostilato può essere fatto circolare senza censura. Questa è la pratica comune …. Per quanto riguarda la circolazione privata, questo non è affare del censore …. La circolazione di un paio di centinaia di copie ciclostilate non costituisce pubblicazione». (dall’epistolario)
Ufficialmente, per quanto riguarda la chiesa, il libro semplicemente non esisteva.