domenica 9 marzo 2008

Hic et nunc

Gv 11, 1-45

In quel tempo, era malato un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato»...





Gesù Cristo è vita che comunica vita (Gv 11, 25-26), egli è tutto ciò che si oppone a Erode, che da morto che è, non può che nutrirsi di carogne com'è la testa d'un morto (Mc 6, 21-28). Chi si fa scudo di tradizioni e leggi e convenienze per non andare a morire con Gesù (Gv 11, 16) inaridisce e muore. A chi invece ha vita e cioè amore, capacità-volontà di donazione, sarà data vita-amore in abbondanza (Mt 13, 12) e non in un momento ancora da venire ma già da ora (Gv 10, 10; 14, 23).  "Andiamo da lui!", dice Gesù: andiamo da un vivo, non da un morto. Nel vangelo apocrifo di Filippo si legge: «Chi dice: "prima si muore e poi si risorge", sbaglia». Una vita spezzata per gli altri, una vita che si fa eucaristia, una esistenza quindi in amicizia con Gesù come è quella di Lazzaro (Gv 11, 11) e Tommaso (Gv 11,16), è vita che non muore (Gv 11, 25-26). Il cristiano non resusciterà in un futuro lontano, egli è già resuscitato in Cristo (Col 3, 1).